PNMR 59 / PNMA 60: Ogni legittima celebrazione dell'Eucaristia è diretta dal Vescovo, o personalmente, o per mezzo dei presbiteri suoi collaboratori. Quando il Vescovo è presente a una Messa con partecipazione di popolo, è berle che presieda lui stesso l'assemblea, e che associ a sé i presbiteri nella celebrazione, per quanto è possibile concelebrando con loro. Questo si fa non tanto per accrescere la solennità esteriore del rito, ma per esprimere con maggiore chiarezza il mistero della Chiesa, sacramento di unità.
Se il Vescovo non celebra l'Eucaristia, ma ne affida il compito a un altro celebrante, è bene che sia lui a presiedere la Liturgia della Parola e concluda poi la Messa con il rito di congedo.
PNMR 60 / PNMA 61: Anche il sacerdote che nella comunità dei fedeli è insignito del potere sacerdotale, derivatogli dall'Ordine sacro, di offrire il sacrificio nella persona di Cristo, presiede l'assemblea riunita, ne dirige la preghiera, annuncia ad essa il messaggio della salvezza, si associa il popolo nell'offerta del sacrificio a Dio Padre per Cristo nello Spirito santo, distribuisce ai fratelli il pane della vita eterna e partecipa con essi al banchetto. Pertanto, quando celebra l'Eucaristia, deve. servire Dio e il popolo con dignità e umiltà, e nel modo di comportarsi e di pronunziare le parole divine, deve far sentire ai fedeli la presenza viva di Cristo.
PNMR 11 / PNMA 11: Spetta ugualmente al sacerdote, per il suo ufficio di presidente dell'assemblea radunata, formulare alcune monizioni e proporre le formule di introduzione e di conclusione previste nel rito medesimo, annunziare la parola di Dio e impartire la benedizione finale. Egli può inoltre intervenire con brevissime parole, all'inizio della celebrazione, per introdurre i fedeli alla Messa del giorno; alla Liturgia della Parola, prima delle letture; alla Preghiera eucaristica, prima di iniziare il prefazio; prima del congedo, per concludere l'intera azione sacra.
OLM 38: Colui che presiede la Liturgia della Parola e rende partecipi i fedeli, specialmente nell'omelia, del nutrimento spirituale che intimamente lo sostiene, anche se ascolta egli pure la parola di Dio da lui proclamata, rimane sempre il primo a cui è affidato il compito di annunziare la parola stessa. Dopo aver curato che la parola di Dio sia proclamata nel debito modo o da lui personalmente o da altri, riserva di norma a se stesso sia alcune monizioni, per ravvivare l'attenzione dei fedeli, sia specialmente l'omelia, per favorire nei fedeli stessi una più feconda ricezione della parola di Dio:
Non vogliamo disattendere, trattando dell'ufficio di presidenza dell'Eucaristia, il mistero dell'unità della Chiesa (cfr. SC 26) e il problema della ministerialità di essa (cfr. SC 14): sono argomenti, infatti, che costituiscono il connaturale sfondo teologico in cui si inserisce il discorso dell'ufficio di presiedere. Tuttavia, dal momento che queste righe intendono semplicemente richiamare alcune piste tecnico-pratiche di riflessione (e neppure le più importanti), li consideriamo come acquisiti.
Rimandiamo anche al retroterra piuttosto remoto della formazione liturgica nei seminari di cui si parla estesamente nell'«Istruzione della Congregazione per l'educazione cattolica» del 3 giugno 1979.
L'Istruzione tratta esplicitamente del nuovo cammino pedagogico di formazione in cui una parte rilevante viene svolta dall'iniziazione alla liturgia: essa avviene tramite la sana varietà delle celebrazioni e la partecipazione a queste che consente l'applicazione concreta dei principi imparati nello studio alle singole azioni liturgiche. Inoltre, nel piano di studi proposto dalla medesima Istruzione che prevede la metodologia interdisciplinare, viene precisato che l'insegnamento della liturgia deve essere integrato con le altre discipline teologiche.
Sul piano concreto, si impone il dovere di porre il problema della formazione ad esercitare questo ufficio; il formarsi come presidente è un compito che ci rende avvertiti che la capacità celebrativa può a volte essere innata, ma comunque deve essere educata così che la celebrazione risulti un'azione rituale.
Occorre, poi, giungere a una esatta accezione del termine «presiedere»: esso indica essenzialmente un ruolo di distinzione e di eccellenza. Il presidente emerge dall'assemblea che gli riconosce tale ruolo e che da lui attende di essere guidata.
Bisogna ricordare, quindi, che presiedere una celebrazione liturgica è un modo tutto particolare di presiedere il quale, a sua volta richiede l'attuazione di precise condizioni: